Inizio a salire via Lucana. Ho appena lasciato via Ridola. Il traffico materano, a quest’ora del pomeriggio, non è fastidioso. C’è un sole tiepido che rende gradevole camminare. Non so per quale motivo penso ad Antonio. Con molta probabilità starà oziando stravaccato sul divano. Da quando ha perso il lavoro ozia gran parte del tempo. A dargliene motivo è il suo stato di salute che sta peggiorando velocemente, troppo velocemente. Non l’ha detto, ma è chiaro come la luce del sole: Antonio, il mio migliore e unico amico, sta morendo. Tutti coloro ai quali voglio bene... muoiono. Mia madre, nonna Bruna, nonna Zoe, la mia amica Carla. E ora anche Antonio mi sta lasciando. Lui, però, la sua vita l’ha buttata nel cesso con le sue mani, assieme a quella della sua Carla. Allontano il pensiero di Antonio. Andrò a trovarlo stasera. Proverò a chiedergli se si ritrova per le mani cento euro. Nonostante non stia lavorando da due mesi, Antonio sta trafficando con il suo ex collega e amico Mario, un demente dai capelli pieni di dreadlock. Non ho idea di quello che facciano per racimolare soldi, di certo niente di legale. Spero si limitino a vendere hashish o marijuana nella loro cerchia di amicizie. Antonio non sopravvivrebbe ad altri anni di carcere.
Attraverso la strada. Sono in prossimità del portone. Oggi sono in lieve ritardo. Probabilmente la badante di mio padre è già arrivata. Credo lo aiuti a prepararsi. Non ho ancora capito se ha una famiglia tutta sua. Al suo anulare sinistro non ha la fede, ma vuol dire ben poco. Mi appoggio al palo della luce e attendo. Tiro fuori il pacchetto di sigarette e ne accendo una. Dovrò decidermi a smettere, anche perché prima imparerò a non comprarle. Non ho più un soldo. Ho gli occhi fissi sul portone.
Intanto il tempo scorre.
Vago con la mente a quello che è il mio presente.
Nulla.