Matera, 10 settembre 1943

La piazza era il nero del lutto delle donne. Il giallo del sole di settembre. Il bianco della fontana, sorgente di vita di tutti i materani, dei materani del piano come dei materani dei Sassi.
In quel punto della città tutti ci passano, senza distinzione di rango o ceto sociale. Senza distinzione di sesso o provenienza. La piazza è zona di transito per chiunque. A quella stessa fontana, anche Bruna e sua figlia Maria, per tutti Marietta, avevano sostato, in attesa del loro turno, prima di poter riempire le loro brocche di argilla. Dopo s'erano dirette a casa, nel cuore dei Sassi. Qui, come per la piazza, non c'erano differenza. Tutti uguali. Erano tutte persone miserabili. Tutti, però, sopportavano gli stenti della fatica e della fame, aggravati dalla follia della guerra che sembrava, forse, volgere a termine.
Bruna, nonostante gli acciacchi, eredità indesiderata di anni di duro lavoro, portava con fierezza la brocca sul fianco. Sentiva di non riuscire più a sopportare per lungo tempo quel peso, ma non lo dava a vedere. Stringeva i denti, la spostava sull'altra anca e procedeva. Marietta, invece, aveva la fierezza e la forza della gioventù. Per lei quella brocca era un fardello di poco conto.
Scendendo via Lombardi, le due donne incrociavano persone e volti noti da sempre. Il saluto reciproco era una consuetudine che mai si sarebbe estinta. Era un elemento dei Sassi.
La casa di Bruna era posizionata in via Fiorentini, perciò dovevano camminare ancora un po'. Bruna sentiva che. L'unico pasto della giornata, era diventato un flebile ricordo nello stomaco, ma anche a quello, come la fatica, il suo corpo era avvezzo.
– Eeeh figlia mia, anche oggi, grazie a Dio, abbiamo mangiato.
Bruna pronunciò quelle parole con lo sguardo perso nel vuoto, pensando agli innumerevoli giorni di digiuno forzato, conosciuti nella sua esistenza.
– Grazie a Dio... e a zia Maria Giuditta!
Marietta rispose con sarcasmo, figlio della sua mente sveglia e spesso tagliente.
La giovane proseguì con lo stesso tono.
– Per fortuna zia ci ha dato un pugno di farina per farne pasta fatta in casa, altrimenti il digiuno anche oggi!
Bruna sospirò a quelle amare parole fatte di pura verità.
– Eeeh figlia mia, purtroppo farina per noi non ce n'è più! Va tutta a quei poveretti che si sacrificano per la Patria, come tuo fratello!
Il ricordo del suo Eustacchio, militare, era sempre motivo di sconforto per Bruna. Marietta, però, non voleva saperne di stare zitta!
– Si mamma per la Patria, per quelli vuoi dire!
L'astio profondo per una guerra non loro, era ormai parte integrante della vita degli abitanti di Matera. Bruna, però, non tollerava certe argomentazioni, soprattutto per strada. Le orecchie indiscrete, appartenenti a uomini cattivi, erano sempre in giro.
– Zitta! Ma che vuoi andare a finire in galera? Ma chi te le dice certe cose?
Bruna, per istinto e ormai per abitudine, aveva abbassato il tono della sua voce. Ormai dire la verità era un lusso per pochi.
– Nicolino mio! Lui me le dice! Lui non ha paura di dirle certe cose!
Nicolino Andrulli era il fidanzato di Marietta. Un ragazzo smilzo, timido e silenzioso. Bruna spesso dimenticava come fosse la sua voce. Erano così poche le parole che pronunciava che quasi ci si dimenticava di lui. Come aggravante c'era il fatto che Nicolino era antipodi rispetto al coraggio. Un essere umano buono a rappresentare l'antitesi del coraggio, il promesso sposo di Maria Cancelliere.
– E certo! Nicolino le dice a te! Ma cacarone com'è... non credo le vada spifferando in lungo e largo!
Bruna accennò un lieve sorriso. Prendere in giro il suo futuro genero era sempre divertente per lei. Nicolino temeva la figura di Bruna, ma la sua era solo la reazione a quella che era una sorta di venerazione celata. Nonostante tutto questo, Marietta lo amava oltremodo.
– Cacarone o no, mamma, lo sai che ho ragione! Papà e Vincenzo si spezzano la schiena per lavorare e mantenere quelle poche terre che abbiamo... e loro si prendono tutto!
Bruna sospirò ancora. Un'altra triste verità era chiusa nelle parole di sua figlia.
– Si lo so, a mamma, però basta co' queste parole, ti dovesse sentire qualcuno, sono guai!
Marietta sospirò a sua volta, consapevole anche lei di aver esagerato un po'. Le parole di suo padre le si erano impresse bene in mente: fate sempre attenzione a quelle che dite per strada, di questi tempi, al tufo dei Sassi, sono spuntate le orecchie!
Prima che Marietta o Bruna potessero tirar fuori altre argomentazioni, per allietare la loro fatica, Chiara, detta Chiarina per la sua statura minuta, s'affiancò a loro.
Chiarina viveva nel lor stesso vicinato e in quel momento era di ritorno dalla campagna. Lei e suo marito Domenico possedevano un piccolo appezzamento di terreno, dove coltivavano alcuni ortaggi, utili a sfamarli nei giorni in cui Domenico non trovava lavoro come bracciante agricolo a giornata.
Domenico, solo perché dotato di capacità di linguaggio, poteva essere definito uomo, ma per i giorni di lavoro che aveva sulle spalle, a falciare il grano dei ricchi possidenti, poteva tranquillamente essere paragonato a un mulo. Un uomo di poche parole, ma di una grande forza fisica. I reumatismi erano parte del suo quotidiano da almeno una decade, ma lui continuava a lavorare, con la guerra ancor più. Il conflitto, ormai definibile mondiale, gli aveva portato via i suoi due unici figli maschi, obbligandoli a indossare la divisa. Nessuno dei due era ancora andato al fronte, ed era stata una gran fortuna. Le dea bendata, non faceva parte della dote di chi era povero. Chiarina e Domenico pregavano ogni giorno affinché i due giovani tornassero sani e salvi.
– Buonasera comare Bruna, buongiorno la zita come andiamo? Ti stai preparando che mo' arriva che ti devi sposare? La dote è pronta o no?
Chiarina aveva parlato senza pause, come sempre. Nonostante il corpo curvo le desse la parvenza di una donna fragile, la sua voce stentorea era la dimostrazione dell'esatto contrario. Non s'era fermata quando aveva raggiunto le sue vicine, continuato a usare la zappa come bastone, come la lama all'insù.
Marietta, dal canto suo, non perse l'occasione per lasciare a briglie sciolte la sua lingua.
– See! Mo' mi devo sposare! Co' sta cappro di guerra, chissà quando sarà!
Bruna questa volta non sospirò, ma si limitò a fulminare la figlia con lo sguardo e poche parole.
– Marietta, finiscila!
– E si, stiamoci sempre zitti!
Chiarina, nella sua semplicità ed estenuante loquacità, non potè evitare di dire la sua.
– Comunque tua figlia non è che sbaglia tanto! Questa guerra è una maledizione! Io non faccio altro che pensare ai figli miei. Due ne ho e tutti e due militari! La sfortuna ce l'ha con noi!
Ancora una volta Bruna sospirò, prima di replicare.
– E si comare mia, anche Eustacchio mio indossa la divisa. Per ora non è andato al fronte, speriamo non ci va mai! Eeeh che possiamo fare? Solo pregare per loro! Speriamo, speriamo bene!
Chiarina, tanto per essere al passo con le sua vicina, sospirò di rimando, per poi condire il tutto con le sue parole.
– E si comare mia, dici bene, speriamo, anche perché mio marito sono più le giornate in cui non lavora che quelle in cui lavora! Quelli, i padroni, vogliono solo braccia giovani! E se i miei figli non tornano, non so come potremo vivere!
– La vita nostra è disgraziata assai!
Con quelle parole, che più il sapore di una sentenza, le tre donne entrarono nel vicinato dove vivevano.